Titolo: Nel monastero di Crest
Autore: Sandrine Destombes
Genere: Thriller noir
Editore: Nero Rizzoli
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to be continued...
SINOSSI
«Signora, scenda dall'auto.» Sono due ore che il tenente Perceval Benoit della gendarmeria di Crest, villaggio storico nel cuore della Drôme, aspetta seminascosto nella boscaglia che qualcuno superi i limiti di velocità. Adesso la Peugeot 205 è ferma davanti a lui, finalmente, e questa scena esatta, unita agli istanti immediatamente successivi, rimarrà per sempre impressa nella mente di Benoit.
La conducente, infatti, invece di ubbidire all'ordine, ingrana la marcia e si dà alla fuga, ma al primo tornante sfonda il guardrail e precipita in un fossato. Per lei, la morte è istantanea, ma l'altra passeggera, una bambina di otto anni di nome Léa, è ferita gravemente e portata all'ospedale. Di lì a poco, nello stesso bosco, a poche centinaia di metri, il corpo di un uomo viene rinvenuto sulla sponda del fiume Drôme.
Una vittima sconosciuta, una bambina in coma, un cadavere privato degli occhi: è questo il macabro elenco del rapporto che Benoit consegna alla squadra di esperti della gendarmeria nazionale, arrivati nella cittadina per fare luce sul caso - anzi, su quei casi apparentemente scollegati tra loro, che in comune sembrano avere soltanto un luogo: il monastero di Crest, sorta di eremo staccato dal mondo, dove da anni la sessantenne Joséphine Ballard offre riparo e conforto alle sue ospiti, tutte donne spezzate, gravate da un passato doloroso, vegliando su di loro al pari di un'agguerrita mamma aquila.
La scrittrice lanciata nell'universo del nero francese da Michel Bussi conferma le sue abilità narrative dando forma a un'indagine dall'architettura complessa in cui l'assolata campagna francese si tinge ancora una volta di sangue.
La conducente, infatti, invece di ubbidire all'ordine, ingrana la marcia e si dà alla fuga, ma al primo tornante sfonda il guardrail e precipita in un fossato. Per lei, la morte è istantanea, ma l'altra passeggera, una bambina di otto anni di nome Léa, è ferita gravemente e portata all'ospedale. Di lì a poco, nello stesso bosco, a poche centinaia di metri, il corpo di un uomo viene rinvenuto sulla sponda del fiume Drôme.
Una vittima sconosciuta, una bambina in coma, un cadavere privato degli occhi: è questo il macabro elenco del rapporto che Benoit consegna alla squadra di esperti della gendarmeria nazionale, arrivati nella cittadina per fare luce sul caso - anzi, su quei casi apparentemente scollegati tra loro, che in comune sembrano avere soltanto un luogo: il monastero di Crest, sorta di eremo staccato dal mondo, dove da anni la sessantenne Joséphine Ballard offre riparo e conforto alle sue ospiti, tutte donne spezzate, gravate da un passato doloroso, vegliando su di loro al pari di un'agguerrita mamma aquila.
La scrittrice lanciata nell'universo del nero francese da Michel Bussi conferma le sue abilità narrative dando forma a un'indagine dall'architettura complessa in cui l'assolata campagna francese si tinge ancora una volta di sangue.
RECENSIONE
In quel giorno d'inizio maggio
il tenente Benoit della gendarmeria di Crest era già da un paio d'ore fermo con
un collega sul bordo della statale D538 in attesa di qualche guidatore
indisciplinato. Non era una mansione che amava e si stava annoiando sul serio.
Alla fine l'automobilista incauto fece la sua comparsa sotto forma di una
Peugeot 205 zigzagante. Il tenente intimò l'alt, a bordo c'erano una donna e una
bambina che la prima indicò come sua figlia. Poteva sembrare un normale caso di guida pericolosa
per cui applicare una multa e raccomandare futura prudenza. Ma le cose
erano molto più complicate di così e il
tenente Benoit si troverà catapultato in in complesso caso di rapimenti,
assassinii e scambi d'identità che cambierà la sua vita per sempre.
Scrittura gradevole per questo
thriller le cui vicende si sviluppano nell'arco di pochi giorni nella provincia
francese. I capitoli sono nominati dal giorno di maggio in cui avvengono con
narrazione al passato e narratore esterno. Il ritmo è buono, i personaggi ben
delineati nella misura in cui hanno più o meno rilevanza nella storia, i luoghi
sufficientemente descritti ma, a mio avviso, c'è un “ma” che mi impedisce di
definirlo bello. Il mio scarso entusiasmo si lega al fatto che mi è sembrato,
leggendolo, di assistere a una delle innumerevoli puntate di serie TV dedicate
ai thriller.
<<Signora scenda
dall'auto, per favore>>. Avrebbe potuto dire un'altra frase? Agire in modo
diverso? Quella domanda, il tenente Benoit se la sarebbe posta a lungo, molto a
lungo. Avrebbe rivissuto quella scena nei minimi particolari cercando di capire
se gli sarebbe stato possibile evitare i fatti che ne derivarono.
I personaggi-tipo ci sono
tutti: il tenente di provincia che aspira a diventare uno specialista, gli
esperti che arrivano nella gendarmeria di paese a prendere in mano la
situazione, il capo degli esperti calmo e inespressivo super ammirato dal
tenentino, la poliziotta che manifesta inaspettati talenti investigativi e, per
finire, il paziente medico della scientifica che chiacchiera del più e del meno
mentre seziona cadaveri e, se necessario, si fa consegnare gli spuntini nella
stanza delle autopsie tra l'odore di disinfettante e vassoi metallici pieni di
budella dell'ultimo corpo esaminato.
Benoit capiva che la scarsa
indulgenza tra i due tenenti era un metodo collaudato tra loro, il cui unico
scopo era mantenere un atteggiamento obiettivo e imparziale. Del resto, il capitano
li lasciava contraddirsi senza intervenire. Nel corso della riunione aveva più
volte ripetuto che bisognava avere una mente aperta e non accontentarsi di una
sola pista. Non era raro che un investigatore interpretasse gli indizi nel
senso che gli era favorevole per poi accorgersi che si era diretto in un vivolo
cieco.
Niente di originale sotto il
sole, a mio parere. Per quanto riguarda la storia, senza svelare nulla posso
dire che è ben calata nel sentire attuale sul rapporto uomo-donna, sulla violenza sulle donne e le inevitabili
tragiche conseguenze, il tutto accentuato nei tratti negativi e violenti,
dopotutto, si tratta di un thriller. Nonostante ciò ho trovato il finale un
tantino affrettato, come dire, con qualche motivazione un po' rimediata come se
l'autrice arrivata alla fine si fosse accorta che mancasse una qualche molla
che aveva spinto a un certo agire e ne avesse inventata una in fretta per
colmare la mancanza.
Il capitano Daloz ascoltava
con attenzione il rapporto di Vernet, stringendo di tanto in tanto le labbra,
mentre prendeva appunti sul suo taccuino.
Il tenente Benoit tentava
disperatamente d'intuirne i pensieri ma Daloz era impenetrabile. Quando Benoit
era entrato a far parte della gendarmeria di Crest , non gli era occorso molto
tempo per farsi un'idea del suo superiore, il capitano Marschal. Aveva imparato
in fretta gli schiocchi di lingua, la posizione del corpo, o il modo di
servirsi il primo caffè. Con il capo degli esperti le cose andavano
diversamente. Daloz continuava a essere un mistero.
Per concludere, non posso dare
un giudizio completamente negativo ma, per le ragioni che ho illustrato sopra
non posso che fermarmi alle tre stelle.
Buona lettura!
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