mercoledì 1 aprile 2020

Recensione "Le parole lo sanno" di Marco Franzoso

Cari romantici, Silva ha letto "Le parole lo sanno" di Marco Franzoso, un romanzo edito Mondadori.

Titolo: Le parole lo sanno
Autore: Marco Franzoso
Genere: Romanzo
Editore: Mondadori
Per acquistarlo → Le parole lo sanno

to be continued...
SINOSSI
Alberto scopre di avere un male incurabile: invece di condividere l'inquietudine con chi lo circonda si procura un bastone e degli occhiali da cieco e si rifugia in un luogo già remoto, al riparo anche da se stesso. Entra in un parco, si siede su una panchina. Qui trova, forse per la prima volta, lo stupore di essere vivo. Accanto a lui si siede una giovane donna, Flavia. Si parlano. Flavia si racconta e si confessa. Ha un bambino, e un marito ossessivamente geloso. Nasce qualcosa di semplice, inatteso, che sembra parlare con la voce profonda del destino. L'intesa, il desiderio di ritrovarsi, l'attrazione: l'amore insomma, che nessuno dei due cercava e che li sorprende senza difese. Alberto è sempre più coinvolto in quelle confessioni di violenza subita e, non avendo nulla da perdere, entra nella vita di Flavia come la provvidenza. Tuttavia se il suo drastico intervento abbia liberato o condannato all'infelicità la donna che ama non è dato sapere. Perché Flavia, com'è arrivata, un giorno come un altro scompare per sempre. Ad Alberto non resta che scrivere: affidare a un diario il racconto di ciò che è accaduto, ormai sicuro che "le parole sanno sempre dove andare" e che quindi, in un modo a lui ancora sconosciuto, prima o poi arriveranno a Flavia. È questo il destino delle parole e il destino di ogni racconto che dicono l'amore, liberi entrambi dalla vuota comunicazione a tutti i costi che è dei tempi nostri. Siamo di fronte a una storia dentro una storia, dentro un'altra storia ancora, in un meccanismo concentrico e tecnicamente perfetto. Una dichiarazione d'amore per la letteratura, perché scrivere - e leggere - realizzano il passaggio del testimone più universale e intimo. D'altra parte, si sa, chi legge ama.


RECENSIONE
Ad  Alberto, medico cinquantenne, viene diagnosticato un cancro al colon. Distrutto dalla notizia decide di non curarsi e nascondersi al mondo dietro le lenti scure degli occhiali da cieco, recandosi in un parco, su una panchina un po' discosta dove, di lì a poco, va a sedersi una giovane donna con un passeggino.
Dopo le prime imbarazzate schermaglie la donna racconta ad Alberto la sua storia di moglie picchiata dal marito.
Alberto l'ascolta, cerca di consolarla e arriverà a fare per lei un gesto estremo. Ma Flavia, questo è il nome della donna, scompare e Alberto dopo averla attesa invano per giorni decide di scrivere la loro breve storia nella speranza che un giorno Flavia possa conoscere l'intera verità.
Una cosa spiacevole che può capitare a chi ama leggere è arrivare alla fine di un libro, chiuderlo e chiedersi: E quindi?
È proprio quello che è successo a me, con questo romanzo.
Parto dall'inizio. L'autore sceglie l'escamotage del “manoscritto giunto in mano per caso” che altro non è che un diario senza capitoli, solo un lungo ripercorrere di avvenimenti da parte del protagonista, Alberto.
Qui si incontra la dolorosa scoperta della malattia, i ricordi, i rimpianti, la nostalgia per qualcosa che non si è avuto e non si potrà più avere, insomma l'armamentario classico che si può trovare in qualsiasi descrizione di una persona che sta morendo, che sia per vecchiaia o per precoce malattia non fa differenza e, in questo romanzo, la differenza non c'è davvero, sembra di leggere le frasette dei social sull'argomento, solo un po' più sviluppate. E a poco serve il tentativo dell'autore di vivacizzare la scrittura con frasi brevissime, qualcuna anche di una sola parola.

Sembrava che tutto avesse concorso a far trovare proprio a me quel diario e a farmelo trovare proprio a cavallo di quella seconda adolescenza che talvolta ci coglie dopo i quaranta anni.

Poi entra in scena Flavia col suo bagaglio di abusi domestici e qui c'è un rumoroso cozzare tra come lei dice di sentirsi e quello che fa.
Vi assicuro che ero alquanto confusa.
Una donna talmente disperata da dire che non sa più chi è, anzi non vuol essere nessuno e vorrebbe solo scomparire, se ne sta al parco a due passi da casa sua a parlare con uno sconosciuto? Nessun timore che l'ossessivo marito che l'aveva picchiata per aver visto uno sconosciuto uscire dalla palestra un quarto d'ora dopo di lei, possa seguirla, spiarla?
Invece tutto il controllo del violento coniuge sta nel chiamarla al cellulare. Delle botte che dice di prendere, poi, non si vede traccia. Alberto finge soltanto di essere cieco, ma non nota mai un livido, un gonfiore, niente.

«Le è caduto il bastone» hai detto.
«Gliel'ho appoggiato qui.»
Le tue prime parole. Le risento ancora. Ti confesso che sulle prime mi ha infastidito quella presenza così vicina. Non ne avevo voglia né bisogno.

Così come era arrivata, Flavia sparisce. Alberto torna alla panchina per giorni, ma di lei nessuna traccia.
Ecco, mi sono detta, adesso accade qualcosa, Flavia è finita in ospedale per le botte oppure è morta o è scappata... niente, non succede niente se non un gesto folle di Alberto compiuto con la massima banalità. Ma neanche questo fa ricomparire Flavia.
A questo punto ho sperato in un finale a sorpresa, qualcosa, qualunque cosa che mi togliesse da quell'attesa che durava da almeno metà romanzo e che mi teneva sospesa come qualcuno che sta guardando la gara dei cento metri in TV e, tifando per un atleta di poche speranze, spera che nel finale ce la faccia, ma quello a pochi metri dal nastro cade così come io alla fine della lettura ho visto le mie speranze di un decollo del romanzo, disperdersi.

Immaginavo l'emozione di sentirti arrivare, i passi incerti sul sentiero lungo la scalinata, le ruote del passeggino che friggevano sui sassi. Il tuo inconfondibile profumo. Ho allungato la gambe e appoggiato il bastone sulla panca. Sono rimasto lì tre ore. Non potevo confessarmi che non ti avrei rivista.

Ecco il motivo del mio “E, quindi?” alla fine della lettura.
Cosa ha voluto mostrarci l'autore?
I sentimenti che si provano quando si sa di aver poco da vivere, mille volte letti?
La figura di Flavia  non si capisce affatto. È davvero una donna abusata dal consorte o è una furbacchiona che ha capito tutto, anche che Alberto non è cieco, e lo molla quando si accorge che è abbastanza cotto da “salvarla”?
Il bello è che questi dubbi li esprime anche Alberto, ma rimangono lì a mezz'aria senz'altra risposta che le scuse di lui per averli avuti.
Lo schema cinquantenne che s'invaghisce della giovane e bella donna nei guai è usatissimo, aggiungere la malattia terminale per lui e gli abusi domestici per lei poteva dar vita a un romanzo potente e invece resta tutto sul piano della superficialità, dell'incompiuto.
L'unica sensazione che mi ha lasciato è la confusione.
Che cosa ho letto? Non saprei dirlo.
Mi dispiace, non è un romanzo che consiglio.
Buona lettura!
Mediocre
Alla prossima, Silva Zenati.
Il team di Passion For Books. ♥

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