Titolo: Le parole lo sanno
Autore: Marco Franzoso
Genere: Romanzo
Editore: Mondadori
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to be continued...
SINOSSI
Alberto scopre di avere un male incurabile: invece di condividere l'inquietudine con chi lo circonda si procura un bastone e degli occhiali da cieco e si rifugia in un luogo già remoto, al riparo anche da se stesso. Entra in un parco, si siede su una panchina. Qui trova, forse per la prima volta, lo stupore di essere vivo. Accanto a lui si siede una giovane donna, Flavia. Si parlano. Flavia si racconta e si confessa. Ha un bambino, e un marito ossessivamente geloso. Nasce qualcosa di semplice, inatteso, che sembra parlare con la voce profonda del destino. L'intesa, il desiderio di ritrovarsi, l'attrazione: l'amore insomma, che nessuno dei due cercava e che li sorprende senza difese. Alberto è sempre più coinvolto in quelle confessioni di violenza subita e, non avendo nulla da perdere, entra nella vita di Flavia come la provvidenza. Tuttavia se il suo drastico intervento abbia liberato o condannato all'infelicità la donna che ama non è dato sapere. Perché Flavia, com'è arrivata, un giorno come un altro scompare per sempre. Ad Alberto non resta che scrivere: affidare a un diario il racconto di ciò che è accaduto, ormai sicuro che "le parole sanno sempre dove andare" e che quindi, in un modo a lui ancora sconosciuto, prima o poi arriveranno a Flavia. È questo il destino delle parole e il destino di ogni racconto che dicono l'amore, liberi entrambi dalla vuota comunicazione a tutti i costi che è dei tempi nostri. Siamo di fronte a una storia dentro una storia, dentro un'altra storia ancora, in un meccanismo concentrico e tecnicamente perfetto. Una dichiarazione d'amore per la letteratura, perché scrivere - e leggere - realizzano il passaggio del testimone più universale e intimo. D'altra parte, si sa, chi legge ama.
Alla prossima, Silva Zenati.
Il team di Passion For Books. ♥
RECENSIONE
Ad Alberto, medico cinquantenne, viene
diagnosticato un cancro al colon. Distrutto dalla notizia decide di non curarsi
e nascondersi al mondo dietro le lenti scure degli occhiali da cieco, recandosi
in un parco, su una panchina un po' discosta dove, di lì a poco, va a sedersi
una giovane donna con un passeggino.
Dopo le prime imbarazzate schermaglie la
donna racconta ad Alberto la sua storia di moglie picchiata dal marito.
Alberto l'ascolta, cerca di
consolarla e arriverà a fare per lei un gesto estremo. Ma Flavia, questo è il
nome della donna, scompare e Alberto dopo averla attesa invano per giorni
decide di scrivere la loro breve storia nella speranza che un giorno Flavia possa
conoscere l'intera verità.
Una cosa spiacevole che può
capitare a chi ama leggere è arrivare alla fine di un libro, chiuderlo e
chiedersi: E quindi?
È proprio quello che è successo a me, con questo
romanzo.
Parto dall'inizio. L'autore
sceglie l'escamotage del “manoscritto giunto in mano per caso” che altro non è che un diario senza
capitoli, solo un lungo ripercorrere di avvenimenti da parte del protagonista,
Alberto.
Qui si incontra la dolorosa scoperta della malattia, i ricordi, i
rimpianti, la nostalgia per qualcosa che non si è avuto e non si potrà più
avere, insomma l'armamentario classico che si può trovare in qualsiasi
descrizione di una persona che sta morendo, che sia per vecchiaia o per precoce malattia
non fa differenza e, in questo romanzo, la
differenza non c'è davvero, sembra di leggere le frasette dei social
sull'argomento, solo un po' più sviluppate. E a poco serve il tentativo
dell'autore di vivacizzare la scrittura con frasi brevissime, qualcuna anche di
una sola parola.
Sembrava che tutto avesse
concorso a far trovare proprio a me quel diario e a farmelo trovare proprio a
cavallo di quella seconda adolescenza che talvolta ci coglie dopo i quaranta
anni.
Poi entra in scena Flavia col
suo bagaglio di abusi domestici e qui c'è un rumoroso cozzare tra come lei dice
di sentirsi e quello che fa.
Vi assicuro che ero alquanto confusa.
Una donna
talmente disperata da dire che non sa più chi è, anzi non vuol essere nessuno e
vorrebbe solo scomparire, se ne sta al parco a due passi da casa sua a parlare
con uno sconosciuto? Nessun timore che l'ossessivo marito che l'aveva picchiata
per aver visto uno sconosciuto uscire dalla palestra un quarto d'ora dopo di
lei, possa seguirla, spiarla?
Invece tutto il controllo del violento coniuge
sta nel chiamarla al cellulare. Delle botte che dice di prendere, poi, non si
vede traccia. Alberto finge soltanto di essere cieco, ma non nota mai un livido,
un gonfiore, niente.
«Le è caduto il
bastone» hai detto.
«Gliel'ho appoggiato qui.»
Le tue prime parole. Le
risento ancora. Ti confesso che sulle prime mi ha infastidito quella presenza
così vicina. Non ne avevo voglia né bisogno.
Così come era arrivata, Flavia
sparisce. Alberto torna alla panchina per giorni, ma di lei nessuna traccia.
Ecco, mi sono detta, adesso accade qualcosa, Flavia è finita in ospedale per le
botte oppure è morta o è scappata... niente, non succede niente se non un gesto
folle di Alberto compiuto con la massima banalità. Ma neanche questo fa
ricomparire Flavia.
A questo punto ho sperato in
un finale a sorpresa, qualcosa, qualunque cosa che mi togliesse da quell'attesa
che durava da almeno metà romanzo e che mi teneva sospesa come qualcuno che sta
guardando la gara dei cento metri in TV e, tifando per un atleta di poche
speranze, spera che nel finale ce la faccia, ma quello a pochi metri dal nastro cade così come io alla fine della lettura ho visto le mie speranze di un decollo del romanzo,
disperdersi.
Immaginavo l'emozione di
sentirti arrivare, i passi incerti sul sentiero lungo la scalinata, le ruote
del passeggino che friggevano sui sassi. Il tuo inconfondibile profumo. Ho
allungato la gambe e appoggiato il bastone sulla panca. Sono rimasto lì tre
ore. Non potevo confessarmi che non ti avrei rivista.
Ecco il motivo del mio “E,
quindi?” alla fine della lettura.
Cosa ha voluto mostrarci
l'autore?
I sentimenti che si provano quando si sa di aver poco da vivere,
mille volte letti?
La figura di Flavia
non si capisce affatto. È davvero una donna abusata dal consorte o è
una furbacchiona che ha capito tutto, anche che Alberto non è cieco, e lo molla
quando si accorge che è abbastanza cotto da “salvarla”?
Il bello è che questi
dubbi li esprime anche Alberto, ma rimangono lì a mezz'aria senz'altra risposta
che le scuse di lui per averli avuti.
Lo schema cinquantenne che
s'invaghisce della giovane e bella donna nei guai è usatissimo, aggiungere la
malattia terminale per lui e gli abusi domestici per lei poteva dar vita a un
romanzo potente e invece resta tutto sul piano della superficialità, dell'incompiuto.
L'unica sensazione che mi ha lasciato è la confusione.
Che cosa ho letto? Non
saprei dirlo.
Mi dispiace, non è un romanzo
che consiglio.
Buona lettura!
Mediocre |
Il team di Passion For Books. ♥
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