Titolo: La campana in fondo al lago
Autore: Lars Mytting
Genere: Romanzo
Editore: DeA Planeta
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to be continued...
SINOSSI
Norvegia, 1879. Nel piccolo villaggio di Butangen sorge una chiesa dalla bellezza austera e sublime. È un’antica stavkirke, interamente costruita in legno e intrisa di memoria, di leggende e di magia. È qui – tra i banchi spolverati di neve e un freddo capace di gelare il midollo – che un tempo si poteva ammirare l’ultimo arazzo tessuto dalle dita instancabili di Halfrid e Gunhild Hekne, gemelle siamesi unite “per la pelle” dalla vita in giù. Ed è sempre qui che le campane realizzate dal padre in loro onore rintoccano da sé, misteriosamente, ogni volta che una minaccia incombe sulla valle… Fino al giorno in cui il nuovo pastore decide di disfarsene nel nome del progresso e delle proprie ambizioni. Ma il reverendo non ha fatto i conti con Astrid Hekne, indomita discendente di Halfrid e Gunhild, disposta a tutto, anche all’inganno, pur di difendere le “sue” campane e sfuggire a un futuro che sembra già scritto. Mirabolante intreccio di storie, epoche e destini, La campana in fondo al lago è il nuovo, celebrato romanzo di uno degli scrittori scandinavi più amati e talentuosi. Un omaggio vibrante allo “stupore dei tempi andati” e al fascino di una terra aspra e bellissima.
RECENSIONE
Nel villaggio norvegese di
Butangen alla fine del 1800 sta per avvenire un cambiamento epocale: demolire
la “starvkirke”, tradizionale chiesa norvegese costruita in legno, per sostituirla
con una moderna, in mattoni, sul modello di quelle tedesche. Lo vuole il
giovane pastore appena insediatosi nella parrocchia, per dare un impulso al
cristianesimo e lo vogliono gli studiosi di architettura di Dresda che vogliono
trasportare la starvkirke di Butangen nella loro città per preservarne la
memoria storico-artistica. Ma la chiesa custodisce le Campane Sorelle, un
regalo fatto da un antenato della famiglia più in vista del villaggio la cui
discendente, Astrid, non vuole saperne di vederle andare lontano.
Tra i ghiacci e le lunghe
notti dell'Europa del Nord s'intrecciano destini, si accendono passioni che
porteranno a grandi sacrifici fatti senza rimpianti.
Devo dire che, all'inizio, lo
scritto mi è parso piuttosto lento con le descrizioni minuziose di luoghi,
persone e avvenimenti, ma man mano che procedevo nella lettura, mi accorgevo
che erano proprio quelle descrizioni accurate che mi facevano entrare a
Butangen e vivere al fianco dei personaggi.
Lo stile di scrittura è compatto, accurato ma mai noioso o ripetitivo.
I
personaggi sono tratteggiati come fossero ritratti fatti a matita e i loro
caratteri magistralmente mostrati con azioni e dialoghi perfetti per ognuno di essi.
I capitoli si susseguono
secondo la narrazione con tempo al passato e ciascuno tratta gli avvenimenti secondo il punto di
vista di uno dei personaggi.
Su tutto il romanzo aleggia un
certo “si narra che...” che fa apparire la storia come sospesa tra realtà
davvero avvenuta e fantasia di uno scrittore, ed è ciò che mi ha avvinto alla
lettura.
Il clangore delle Campane
Sorelle non era malinconico né spaventoso. Ogni rintocco portava una promessa
di primavere migliori, un suono vibrante con sfumature persistenti e piacevoli.
Le note penetravano nel profondo, spalancavano orizzonti superiori e
commuovevano persino gli insensibili.
Questo sentore di storie
raccontate davanti a un caminetto nelle fredde sere d'inverno mi ha catturata e
portata con sé tra gli abitanti di un territorio reso aspro dalla presenza del generale
inverno per la gran parte dell'anno. Gente abituata a faticare avvezza alle
situazioni dolorose per le quali piangeva due lacrime e
poi faceva
quel che andava fatto anche se ciò comportava grandi sacrifici. Uomini e donne che ascoltavano e
osservavano la natura con attenzione riconoscendone i segnali, persone che
facevano tesoro delle vite degli avi, dei loro errori, dei loro moniti e
insegnamenti tramandati per generazioni attraverso le leggende.
Le Campane si ostinavano a
battere, un suono selvaggio e
insensato, più forte che mai, tremolii sismici che facevano tintinnare i
sassolini
~
Ciò che avvenne fu
interpretato come un cattivo presagio e riavviò superstizioni appisolate: nel
preciso istante in cui (il pastore )
infilò la chiave nella toppa, le Campane smisero di suonare.
Così, tutto il romanzo è
intriso delle tradizioni e delle credenze norrene che i personaggi vivono nel
quotidiano in modo talmente naturale che mi è venuto facile credere che le
Campane suonassero davvero a loro piacimento e che fossero gli antenati o gli spiriti del territorio ad andare in sogno agli
abitanti del villaggio per indicare loro una decisione da prendere o una strada
da seguire.
La slitta con le Campane sorelle doveva essersi
ribaltata su un declivio lungo il lato meridionale del Losnesvatnet dove le acque erano profonde e sgombre dal ghiaccio. Le Campane dovevano aver vibrato mentre rotolavano una a
fianco all'altra lungo la valle e l'enorme clangore era proseguito sott'acqua,
indebolendosi mentre calavano a picco, fino a quando non avevano raggiunto il
fondo tacendo per sempre.
Insomma, è un romanzo che
prende poco alla volta ma pervicacemente e quando si arriva alla fine ci si
accorge che si vuole stare ancora lì, tra la neve e i boschi di Butangen, per
continuare a vivere con i suoi abitanti perché c'è ancora molto da raccontate
su di loro.
Alla fine del libro l'autore
ci avverte che è il primo di una trilogia e io voglio assolutamente leggere il
seguito.
Super consigliato a chi ama
immergersi in vicende lontane nel tempo condite
di leggende troppo spesso dimenticate che rendevano forse più accettabili gli
inevitabili ostacoli della vita.
Buona lettura!
Bello |
Il team di Passion For Books. ♥
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