lunedì 3 dicembre 2018

Recensione "Il tatuatore di Auschwitz" di Heather Morris

Cari romantici, Silvia Paguni ha letto un romanzo, molto forte, toccante e amato da tanti lettori. Stiamo parlando de "Il tatuatore di Auschwitz" di Heather Morris, un romanzo storico edito Garzanti.

Titolo: Il tatuatore di Auschwitz
Autrice: Heather Morris
Genere: Romanzo Storico
Editore: Garzanti
Ebook: 9,99€
Copertina flessibile: 9,89€
Copertina rigida: 15,21€
Per acquistarlo → Il tatuatore di Auschwitz

to be continued...

SINOSSI
Il cielo di un grigio sconosciuto incombe sulla fila di donne. Da quel momento non saranno più donne, saranno solo una sequenza inanimata di numeri tatuati sul braccio. Ad Auschwitz, è Lale a essere incaricato di quell’orrendo compito: proprio lui, un ebreo come loro. Giorno dopo giorno Lale lavora a testa bassa per non vedere un dolore così simile al suo finché una volta alza lo sguardo, per un solo istante: è allora che incrocia due occhi che in quel mondo senza colori nascondono un intero arcobaleno. Il suo nome è Gita. Un nome che Lale non potrà più dimenticare.
Perché Gita diventa la sua luce in quel buio infinito: racconta poco di lei, come se non essendoci un futuro non avesse senso nemmeno un passato, ma sono le emozioni a parlare per loro. Sono i piccoli momenti rubati a quella assurda quotidianità ad avvicinarli. Dove sono rinchiusi non c’è posto per l’amore. Dove si combatte per un pezzo di pane e per salvare la propria vita, l’amore è un sogno ormai dimenticato. Ma non per Lale e Gita, che sono pronti a tutto per nascondere e proteggere quello che hanno. E quando il destino tenta di separarli, le parole che hanno solo potuto sussurrare restano strozzate in gola. Parole che sognano un domani insieme che a loro sembra precluso. Dovranno lottare per poterle pronunciare di nuovo. Dovranno conservare la speranza per urlarle finalmente in un abbraccio. Senza più morte e dolore intorno. Solo due giovani e la loro voglia di stare insieme. Solo due giovani più forti della malvagità del mondo.

RECENSIONE

“ARBEIT MACHT FREI” (“Il lavoro rende liberi”) è la scritta, assolutamente ironica come un macabro scherzo, che si trova ancora oggi sul cancello d’ingresso di quello che è stato, appena settantacinque anni fa, il simbolo per eccellenza dell’abominio e degli orrori contro l’umanità. Affrontare questa lettura non è stata una cosa semplice, così come tutto ciò che riguarda gli anni più bui del secolo scorso. Immaginavo vagamente cosa avrei provato e sapevo più o meno cosa avrei letto, ma mai avrei ipotizzato che mi sarei trovata di fronte alla mia best reading del 2018.
È la storia basata sui fatti realmente accaduti al ventiseienne Ludwig Eisenberg da tutti chiamato Lale durante gli anni di prigionia nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, dall’aprile del 1942 al 1945, in cui assumerà il ruolo di Tätowierer ossia colui che ha avuto il compito di tatuare sul braccio sinistro il numero identificativo unico per ogni deportato.

“Arrivano parecchi camion e dei ragazzini saltano giù. Raccolgono lesti gli oggetti abbandonati e li buttano nei camion. Lale sente che un peso gli si posa tra le scapole. «Mi spiace, mamma, si sono presi i tuoi libri.»”

L’autrice riporta, con molta fatica emotiva, così come racconterà nei ringraziamenti, le esatte parole del protagonista trasformando quello che nasce come una sceneggiatura per lo schermo, in parole che compongono un romanzo di grande qualità. Probabilmente se ci si sofferma al preambolo della storia si sente come una sensazione di déjà-vu, per via delle tante storie e pellicole che hanno trattato l’olocausto e gli orrori di questo stesso periodo storico. In realtà il taglio che il romanzo assume non è solo dal punto di vista storico o delle crudeltà della situazione, ma ne emerge il lato umano e (passatemi il termine) positivo del romantico. Perché è così vero che “non esiste luogo in cui l’amore non possa vincere”.
La cosa che mi ha affascinato durante la lettura è stato proprio questo controsenso in termini, tra l’orribile posto simbolo di morte in cui i protagonisti sono rinchiusi e il sentimento che nasce tra loro come un bucaneve in mezzo alla tormenta. La storia è quella di uno tra i milioni di uomini che hanno patito la brutalità della storia, ma che ha avuto la fortuna di poterla raccontare e far conoscere a chi viene dopo di lui. Ammetto che per la prima volta durante una lettura ho dovuto fare delle pause, perché alcuni capitoli mi hanno catturato e talmente coinvolto da avere la necessità di tornare alla mia realtà confortante. Scioccandomi forse ancor di più nel constatare ancora una volta come, nel bene e nel male, la realtà spesso superi la fantasia. Scritta molto bene, dal punto di vista di Lale, che racconta il suo “soggiorno” al campo attraverso il tempo scandito dall’amore per Gita conosciuta in quel luogo senza sogni.

"«Le SS faranno il giro per raccogliere i morti, ne sono sicuro.» Suona spietato, oggettivo. Le lacrime bruciano dietro le palpebre di Lale, che sposta il peso da un piede all’altro.
«Mi spiace tanto.»
«Che cosa ci succederà ancora?» chiede l’uomo.
«Non so che cosa abbia in serbo il destino per ognuno di noi.»
«Morire qui?»
«No, se posso impedirlo; ma non lo so.»"


Ho trovato lo stile della scrittrice fluido e scorrevole. Un romanzo che sorre come un film.
È una storia in cui si divora ogni pagina, anche la nota dell’autrice, la postfazione e persino i ringraziamenti, ma soprattutto per il desiderio di sapere di più e per la brama di non voler lasciare andare i personaggi.
Merita assolutamente di essere letto da chi non si spaventa ad affrontare una lettura forte, ma anche romantica tanto che esige sempre il lieto fine, sia per ciò che lascia dentro, ma anche per ricordare sempre che “se salvi un uomo, salvi il mondo intero”.
Una storia, assolutamente, indimenticabile!
Buona lettura.

Indimenticabile
Alla prossima, Silvia Paguni.
Il team di Passion For Books. ♥

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